Maschile e femminile: Venere e Marte

I simboli che ancora oggi vengono utilizzati per identificare il maschile e il femminile derivano da simboli astronomici legati a pianeti che a loro volta richiamano le divinità dell’antica religione greca e romana, a cui i pianeti vennero associati già in tempi antichissimi.


Il cerchio con la croce rivolta verso il basso (♀) è il simbolo femminile, legato al pianeta Venere, simbolicamente associato alla dea e in generale al femminile, cioè alla bellezza e all’amore; ma possiamo anche leggerci un figlio stretto in grembo come segno di protezione e cura, rimane agganciato alla madre-terra, alla dimensione orizzontale.

Il cerchio invece con la freccia rivolta verso l’alto (♂) indica il maschile, è legato al pianeta Marte, associato al dio Ares in Grecia, Marte a Roma, e simboleggiava la forza, la guerra; ma in questo simbolo possiamo ritrovare anche la dimensione verticale, colui che proietta all’esterno verso l’infinito.
Come già si evince da queste poche righe, il maschile e il femminile sono portatori di valori differenti.


Nello specifico, la principale differenza tra le due figure genitoriali sta proprio nel diverso rapporto che entrambi hanno con il bisogno del bambino. Quando un bambino nasce, la madre è colei che percepisce i suoi bisogni empaticamente; il suo compito, quindi, è proprio quello di rispondere a questi bisogni garantendone la sopravvivenza. La madre cioè fornisce un amore incondizionato che consente al bambino di sviluppare l’autostima protettiva, base indispensabile per acquisire la sicurezza necessaria per potersi relazionare con il mondo. Fino a 6 anni la mamma è tutto per un bambino: rappresenta l’universo e la fonte di ogni sicurezza. Questa relazione, però, attiva nel figlio un senso di onnipotenza, ovvero il bambino nella relazione con la madre tende a vivere il suo bisogno come qualcosa che ha sempre il diritto di essere soddisfatto; il figlio, quindi, mette dentro di sé un senso di valore per il suo solo esistere grazie alla figura materna.
Il padre invece, entra nella vita del figlio in modo diverso, entra cioè nel momento in cui, in qualche modo, lo riconosce (una sorta di procreazione sociale). Il padre, infatti, anche simbolicamente, deve andare a riconoscere il figlio, c’è proprio un atto legale del riconoscimento. Il padre è ciò che ci identifica socialmente. La figura paterna entra in relazione con il figlio attraverso la madre; è quindi una relazione mediata, e molto dipende dal modo in cui la madre la consente o la vieta, sia da un punto di vista psicologico che solo fisico. La figura paterna interviene mettendosi in mezzo alla relazione simbiotica madre/figlio, interrompe quell’idillio che si è creato tra mamma e neonato, è l’elemento di rottura e di disturbo della quiete. In qualche modo dice al figlio “la mamma non è tua; prima di essere tua è mia; è mia moglie prima di essere tua mamma!”. Fa capire al bambino cioè che esiste anche un’altra realtà, esistono anche “gli altri”; e il primo “altro” che la vita gli propone è proprio il padre. In questo modo viene creata una triangolazione nella relazione (padre-madre-figlio), che interrompe la struttura simbiotica e introduce il tema del limite; ovvero il papà dice “tu non hai il diritto che venga soddisfatto il tuo bisogno ogni volta che lo vuoi”. Il bambino entra così a contatto con la realtà in maniera del tutto nuova: viene smontata quella onnipotenza illusoria che stava vivendo e scopre che non può più essere soddisfatto in ogni suo bisogno o desiderio. Deve ora imparare ad essere in grado di aspettare.


Il fatto che la madre capisca immediatamente ed istintivamente i bisogni del bambino e li soddisfi, non lo mette nella condizione di fare quello sforzo che invece deve fare con il padre. Il figlio con il padre deve misurarsi, confrontarsi, spiegarsi, deve farsi capire, far valere, portare le proprie motivazioni e dimostrare le cose. Il compito del padre, quindi, è di permettere al figlio di migliorarsi, dal momento che vede le cose per quello che sono.


Madre e padre sono quindi due facce complementari della stessa medaglia, accomunate dal valore assoluto attribuito alla vita.


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